Where the lonely ones roam

L'Île de France - Saint-Denis | Lucien & Maëlys

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    Edited by .haways. - 4/6/2019, 18:23
     
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    Lucien Levien Lemoine

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    na volta lavati i piatti e salutata sua madre, alla quale quella mattina aveva fatto compagnia per aiutarla a riordinare la grande libreria del soggiorno, Lucien era uscito di casa con un'improvvisa fame di libri e una sete di conoscenza che puntualmente lo colpiva quando passava molto tempo a stretto contatto con i libri. L'anno universitario era appena ricominciato, ma Lucien ancora non si era abituato del tutto a tutti quei cambiamenti che avevano sconvolto la sua vita. L'assenza di Camil al suo fianco durante le lezioni era ciò che maggiormente pesava sulle spalle dell'ibrido. Non si erano frequentati moltissimo, visto che Camil era arrivato a Parigi e, di conseguenza, alla Sorbonne, da poco quando poi si erano manifestati gli effetti collaterali del virus che, probabilmente, aveva contratto nel fuggire dal Belgio. Eppure, nonostante ciò, vi era stata sin da subito intesa tra i due, a tal punto che Lucien era riuscito ad aprirsi con Camil nonostante la timidezza che lo caratterizzava da sempre. Forse era stato a causa delle loro origini: Olanda e Belgio erano incredibilmente vicine, avevano radici comuni e Lucien si era sentito come riproiettato in quel passato oscuro e misterioso che comunque faceva parte di lui. Camil aveva costituito un ponte con la sua terra natia, un collegamento venuto a mancare troppo presto. Lucien non aveva visto il corpo dell'amico ma, da ciò che gli era stato raccontato, il virus lo aveva ridotto in uno status pietoso, privandolo della vita in poche ore, prosciugandolo di ogni energia. Lucien invece, non aveva dato alcun segno di malessere. Non un mal di testa, non un crampo allo stomaco. Niente sangue dal naso, niente crisi epilettiche o bava alla bocca. Nulla. Sano come un pesce era entrato in ospedale, e altrettanto sano ne era uscito.

    Ma quel giorno, Lucien non voleva pensare a Camil: stava cercando di superare quello e gli altri lutti che lo avevano colpito, tutti assieme - l'attentato al Jeudi era avvenuto nello stesso periodo, così Lucien si era ritrovato in pochissimo tempo a perdere quasi tutti i suoi amici più cari - e sebbene frequentare assiduamente la Sorbonne nonostante il vuoto che sentiva ogni volta che varcava quei cancelli da solo fosse un buon inizio, quel giorno proprio non se la sentiva di tornare in Università. Non aveva lezione ma aveva moltissima voglia di leggere qualcosa di nuovo, non per forza collegato al suo corso di studi. Un volume qualunque sarebbe andato bene. Ma l'idea di raggiungere la sua Università smorzava il suo spirito combattivo, forse perchè quella mattina era già stato messo a dura prova dalle occhiate di sua madre. Alma faticava a credere che suo figlio potesse aver superato senza particolari difficoltà la scoperta di avere un padre Sussurratore ma, per Lucien, quella era la rivelazione meno traumatica. Non sapeva nulla dell'uomo che gli aveva dato la vita, ma la sua presenza era pur sempre rimasta una costante nella sua esistenza, come una sorta di sottotrama, un filo invisibile. Lucien si era sentito legato a quella figura sin dal principio, pur non avendo informazioni sull'uomo: ne aveva amato l'essenza, il pensiero creativo che lo aveva reso uno scrittore... Alma non poteva realmente credere che il suo amore sarebbe andato scemando solo perchè l'uomo era un Sussurratore. Inoltre, Lucien aveva abbracciato la causa del Jeudi, contrario alla Guerra e intenzionato a fermarla tramite metodi pacifici: non sarebbe stato coerente se avesse odiato suo padre per la sua natura. Lucien voleva un mondo in cui le famiglie come la sua non erano costrette a dividersi e separarsi: Lucien voleva un futuro migliore per tutti. Furono quei pensieri a convincerlo a prendere, finalmente il suo cellulare in mano, mentre pigramente camminava per strada. Sbloccò lo schermo e rimase a fissarlo per un pò, indeciso, prima di aprire la rubrica, cercando un numero in particolare. Dopo qualche sitante di esitazione aprì la schermata dei messaggi, digitando un breve SMS; esitò ancora una volta nel momento di premere invio ma, infine, lo fece. Non aveva detto a nessuno dei membri del Jeudi sopravvissuti all'attentato non tanto perchè volesse mantenere il segreto, quanto piuttosto perchè non si era sentito pronto. Al di fuori della sua famiglia, nessuno lo sapeva, nemmeno Corinne. Lucien era sempre stato un ragazzo di poche parole, abbastanza introverso: prima di fare il grande passo voleva parlare con Elodie che, per lui, era da sempre fonte d'ispirazione.

    Avendo scelto di evitare La Sorbonne, Lucien aveva scelto di ripiegare su un'altro Istituto universitario, così da poter comunque stare con alcuni suoi coetanei. Si era dunque recato fino alla biblioteca della Saint Denis e, silenziosamente, era entrato, ancora indeciso su quale volume consultare. Non aveva scelto nemmeno un argomento e, così, inizialmente, iniziò a muoversi tra gli scaffali a casaccio, alla ricerca d'ispirazione. Sfiorava le copertine dei vari volumi con i polpastrelli, consapevole del fatto che sarebbe stato l'inchiostro a chiamarlo. Non sarebbe stata la vista a dargli l'illuminazione, quanto piuttosto il tatto. Sì, quel senso così sottovalutato gli avrebbe dato il giusto imput per trovare la lettura che tanto cercava, quella che gli avrebbe permesso di rilassare i muscoli del corpo. Il suo zaino sulle spalle non pesava neanche molto: Lucien quasi non lo sentiva. Conteneva alcuni quaderni e uno dei volumi dei suoi corsi. Quell'anno, nei corsi a scelta aveva selezionato un corso monotematico sulla storia romana: Giulio Cesare era il soggetto principale e così Lucien portava con sé una copia del "De Bello Gallico" che avrebbe dovuto tradurre. Aveva seguito alcuni corsi di latino extracurricolari per curisoità personale e sapeva che si sarebbero rivelati particolarmente utili per il saggio che avrebbe dovuto scrivere per la fine del corso. La lettura dell'opera latina era consigliata ma non obbligatoria ed era concesso anche leggerla già tradotta in francese, ma Lucien preferiva di gran lunga provare da solo a cimentarsi nella traduzione. Fu quella, l'illuminazione: quando passò accanto al reparto della biblioteca dedicato alla medicina e le sue dita sfiorarono un libro più voluminoso degli altri, Lucien pensò subito al dizionario di Latino che aveva lasciato a casa. Si diresse dunque nella sezione riservata a quei volumi e, recuperatone uno, a passo svelto si spostò alla ricerca di un tavolo. Ve ne erano molti liberi, ma quelli posti accanto alla'rea dei dizionari erano tutti al sole e il riverbero lo avrebbe disturbato. Così, con il volume tra le braccia, si avviò verso il centro della biblioteca. Indeciso su dove sedersi a studiare - paradossalmente, la presenza di così tanti banchi vuoti rendeva il tutto ancor più arduo - si fermò accanto ad un tavolo già occupato, posando il suo dizionario davanti alla ragazza china su un volume di anatomia per far riposare le bracciamentre cercava di decidersi. "Scusa" le sussurrò imbarazzato,a voce bassa per non disturbare la quiete del luogo "Non volevo disturbarti: me ne vado subito!"
     
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